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“La figura del giornalista nell’era digitale” Incontro con Nicola Binda

Meeting di approfondimento, che dallo sport più amato dagli italiani ha soltanto preso lo spunto, per aprirsi ad una riflessione più ampia ed articolata, grazie all’ospite della serata: il giornalista della Gazzetta dello Sport Nicola Binda.

In forza al quotidiano rosa per antonomasia dal 1989, Nicola Binda ha ripercorso la parabola della stampa sportiva negli ultimi 30 anni; una parabola discendente in termini di vendite: dalle 6-700 mila copie al giorno dei primi anni Ottanta, alle neanche 100 mila copie dell’era post – covid.

La pandemia, certo, ha rappresentato un evento traumatico; la sospensione totale di qualunque evento sportivo, combinata con la chiusura dei bar in tutta la Penisola, quando i bar da soli assorbivano giornalmente 50 mila copie, può essere paragonato ad uno tzunami.

Ma, come ha ricordato Binda, il declino della stampa sportiva era già un fatto acclarato negli anni Novanta, quando all’orizzonte si sono profilati nuovi competitori televisivi, quali Mediaset, Tele + e, in un secondo momento, Sky.

La possibilità di “vedere” le partite ha reso pleonastico il mestiere di chi, per oltre mezzo secolo, le aveva raccontate.

L’arrivo di internet, la possibilità di annullare totalmente lo scarto temporale tra l’evento e la sua notizia, poi, non ha fatto altro che aggravare la crisi di identità del mondo della carta stampata, suo malgrado “costretto” a darsi una veste digitale.

Oggi, ha ricordato Binda, anche giornali prestigiosi come The Guardian hanno dovuto piegarsi alle nuove regole della comunicazione; alle 19 di sera la redazione sceglie le notizie che andranno in prima pagina sul formato cartaceo tra quelle più cliccate sul sito internet del quotidiano medesimo.

Ritornando alla crisi della stampa sportiva, Binda ha riconosciuto che non si tratta solo di un problema di “simultaneità” della notizia a rendere marginale il formato cartaceo; anche il modo di attingere alle fonti è profondamente mutato.

Oggi non è più possibile parlare con i giocatori, oggi le società comunicano per mezzo degli uffici stampa; e quest’ultimi gestiscono in esclusiva tutte le informazioni e le notizie con l’esterno.

Questa gestione verticistica della vita di una squadra, monotonale, non ha altro risultato che un appiattimento della qualità dell’informazione.

Agli occhi di una società ciò che interessa non è più costruire un rapporto di fiducia e rispetto reciproco con i giornalisti, ma il numero di followers che questi ultimi hanno: è il nuovo parametro con cui si misura l’autorevolezza di un professionista.

Sebbene sempre innamorato del suo mestiere, Binda ha concluso che quel “mestiere” da lui intrapreso nel lontano 1989 oggi è “morto”.    

  

 

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